Intervista di Giuseppe Previti trasmissione Giallo Pistoia TVL del 25-05-2013
INCIPIT romanzo
Finirai all'inferno
1- L’antefattaccio.
− Mercoledì 24 Novembre 1813
La ghiaia, sotto gli zoccoli dei cavalli, sgretolava ad ogni passo, quella trama di pietre chiare, su cui lo sguardo si perdeva dal discendere del giorno, pareva un mosaico non finito. La strada, all’inizio traccia dritta attraverso il piano, s’era mutata in un sinuoso rettile attorcigliato alle colline.
Tre cavalieri ammantati di scuro, con la determinazione afferrata al cuore, stavano chini sopra le criniere fulve dei loro sauri per non prendere vento.
Il libeccio sparpagliava le foglie ossidate dei castagni e le nuvole si tuffavano basse impigliandosi tra i rami degli alberi.
Gli uomini avanzavano in mezzo a quella bruma mista d’acqua, vento e caligine. Le loro facce, arrossate e sferzate dalle raffiche, avevano solo bisogno di un rifugio. Il vorticare delle nuvole scopriva ai loro sguardi, sprazzi di panorama, ma le colline impervie e barbute sembravano non finire mai.
La livrea ocra dei castagni ingialliti, riusciva solo a rischiarare il livore cupo della tempesta: il paese non compariva ancora.
La strada “Massetana” procedeva tortuosa, a mezza costa, lungo quei crinali arditi e sbilenchi, salendo e di-scendendo.
Nell’affrontare una stretta svolta scoscesa e sbrecciata, il primo cavallo si sbilanciò bruscamente, uno zoccolo scivolò sopra una lastra di pietra grigia. Il cavaliere irrigidì le ginocchia e si aggrappò d’istinto alla criniera per non cadere. Recuperò l’equilibrio e, consapevole del rischio appena corso, fermò il cavallo e scese di sella per controllare l’animale; i due cavalieri dietro di lui si fermarono a pochi passi.
Recensione romanzo
Professoressa Matteucci Università di Pisa
Siamo in Toscana, nella zona dei soffioni boraciferi, nel periodo di passaggio tra il tramonto dell'avventura napoleonica e il ritorno dei Lorena, agli albori della geotermia moderna François de Larderel, da cui Larderello, è ancora di là da venire in una valle inquietante e inospitale, costellata di sbuffi di vapore, affioramenti di zolfo, putizze e fumarole, priva di vegetazione, op-primente e irrespirabile; in questo scenario infernale, che non poteva che chiamarsi "Valle del diavolo", si consuma una tragedia orribile, di sapore quasi dantesco, se è vero, come sostengono alcuni, che proprio a questi luoghi Dante si ispirò per descrivere l'ingresso degli inferi nella Divina Commedia. L'inferno, che ri-suona fin dal titolo, è il vero protagonista di tutto il racconto, evidente nel paesaggio che è teatro della vicenda, continuamente richiamato dalle citazioni dantesche, presente persino nei dèmoni interiori di molti dei personaggi, dominati come sono dall'odio, dal rancore, dalla delusione e dal desiderio di vendetta. Odio e desiderio di vendetta per l'amicizia tradita, per l'onore offeso, per innumerevoli motivi, politici e privati. Molti i moventi, molti i motivi di rancore verso il protagonista, l'arrogante ingegner Flaschi, pioniere dello sfruttamento geotermico della zona, grande innovatore tecnologico, convinto e infaticabile sostenitore delle idee di progresso, simpatizzante dei francesi, amorale e insensibile. Grande indiziato è il suo antagonista o deuteragonista, il sergente Scansabisogni, dall'indole saturnina e malinconica, amareggiato e pieno di rimpianti, ancorato ad un passato doloroso che non riesce a dimenticare. E tuttavia l'abilità dell'autore ci tiene con il fiato sospeso fino alla fine e fino alla fine dissemina la narrazione di sapienti indizi che ci fanno dubitare della certezza che ci eravamo costruiti fino a due paragrafi prima. Il disvelamento si avrà solo nel finale, come in ogni vero thriller che si rispetti, e ha il potere di sorprenderci comunque. In questo originale romanzo, dal taglio quasi cinematografico per i lunghi flash back che lo caratterizzano, in uno scenario storico perfettamente ricreato fin nelle minime atmosfere, l'autore si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto per costruire una storia convincente e avvincente, con dei personaggi veri, autentici e credibili nella psicologia e nell'azione. Un omaggio ad una terra ricca di storia, di ingegno e di passione che cattura e incuriosisce il lettore con il suo fascino luciferino.
Recensione romanzo
Giuria premio Pontegobbo città di Bobbio
“Finirai all’inferno”
Curiosa scenografia teatrale in cui luoghi e personaggi assumono un ruolo da pezzo scenografico ‘storico’. Vi si sovrappone un’atmosfera d’intrigo da polizia politica in un contesto di gestione dura delle forze lavorative all’inizio dell’Ottocento, che sfocia in un crimine. Il concatenarsi della grande e piccola storia è visto da un punto d’osservazione selvaggio e marginale in un angolo di Toscana. Anche la conclusione vi si colloca, con un finale da thriller che capovolge la soluzione del fattaccio. La redazione è accurata.
Recensione romanzo
Francesco Gherardini - Presidente Associazione "IL CHIASSINO" Castelnuovo Val di Cecina
Presentazione del libro “FINIRAI all’INFERNO” di Giorgio SIMONI
Trovo il libro assai suggestivo nel suo complesso, specialmente attraente per la particolare ambientazione e per la collocazione storica degli eventi che tratta. I luoghi in cui si sviluppa la vicenda ci sono assolutamente familiari, costituiscono il nostro vissuto: apri il libro e ti ritrovi fra i Castagni secolari di Doccioli e del Monte, tra le fumarole (le biancane) di Monterotondo e Sasso, la celeberrima Locanda Claret dalle pareti color vinaccia (il rosso dei socialisti e il nero dell’anarchia mescolati nella tintura), il torrente Pavone (il nostro fiume incontaminato), l’Adio e il Possera, il parco di Monterufoli, la fattoria di Sant’Ippolito, la Rocca Sillana e infine Livorno (il futuro capoluogo provinciale di noi “pisani” da meno di un secolo e mezzo !). L’azione comincia in questo spicchio di Toscana, di Alta maremma, in un’epoca particolarissima, in un periodo in cui si alternano al governo della Toscana i Lorena e Napoleone; nel corso della crisi terminale dell’impero napoleonico, tra l’Isola d’Elba e Waterloo.
Insieme con gli uomini la fa da protagonista la Natura, colta nel suo divenire geologico e nelle sue manifestazioni endogene, che costituiscono un unicum a livello nazionale; è uno scenario affascinante e pericoloso quello che si presenta, “maraviglioso” secondo la lingua di Dante, che il testo invita ad evocare ad ogni piè sospinto. Sì, perché qui siamo sulla soglia degli Inferi, tra fetori mefitici, nebbie e esalazioni sulfuree. Il diavolo ovv. L’omicida è dietro l’angolo. Quindi quella pensata da Giorgio Simoni è una scenografia realmente appropriata, proprio a misura di giallo. Sullo sfondo la Fabbrica di San Francesco della ditta Morel & Grott: la Fabbrica dell’Inferno, ironia della sorte, collocata proprio dove oggi insiste la Chiesa dello Stabilimento in piazza Leopolda.
Nomi veri, storie estratte dalla realtà e dagli archivi comunali, storie che rimbalzano nel patrimonio orale di quest’area che una volta si definiva “boracifera”; storie che precedono l’arrivo di un altro e ben più importante personaggio, François De Larderel, poi Conte di Montecerboli. L’Acido Borico è protagonista: tema che spinge ad approfondimenti relativi alle vicende societarie, all’innovazione di processo e di prodotto, alla descrizione minuta dei meccanismi della produzione cui l’Autore non si sottrae; che anzi dimostra di avere appassionatamente ricercato.
L’ambiente descritto è ovviamente lontanissimo dalla nostra attuale percezione, tanto più dalle immagini filtrate dalla promozione turistica, che vogliono amena e ricca di giacimenti culturali la Valle del Diavolo; quello del libro è il paesaggio dantesco ( Inferno XIII, vv 4-9)
“ Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;
non pomi v'eran, ma stecchi con tosco.
Non han sì Aspri sterpi Nè sì folti
Quelle fiere selvagge che 'n odio have
Tra Cecina e Corneto i Luoghi Colti.”
Dove per altro la cultura non manca, è la cultura tecnico-scientifica che risale al pomarancino Paolo Mascagni ( di cui Simoni mostra di conoscere gli studi e le applicazioni).
Nel contesto, cui abbiamo fatto cenno, si agitano gli uomini; due sono decisamente i protagonisti, l’ing. Arturo Flaschi e il gendarme Fazio Scansabisogni. Nomi e cognomi di fantasia, ma nemmeno poi tanto, se Falaschi e Bisogni sono cognomi anche attualmente presenti nel territorio. Intorno ai due attori più importanti, ruotano molti personaggi minori, tutti indispensabili a costruire la giusta atmosfera e tutti espressione realistica della storia concreta di quest’area: a cominciare dal mio bisnonno, il mugnaio del Mulino del Defizio in Pavone, dall’ufficiale di posta e dal bandito Favilla, dal canoviere e dai commercianti, dai ricchi proprietari pomarancini - matti per le partite a carte- e dagli operai; dai garzoni e infine da qualche figura femminile.
Flaschi è un tipo tosto, uno à la page, spregiudicato e cinico, competente nel suo mestiere, filo francese, donnaiolo, altezzoso e antipatico, “un uomo esoso che sapeva il fatto suo “ secondo la voce popolare. Scansabisogni è invece apparentemente dimesso, nonostante che il suo mestiere di gendarme richieda un quid di superbia in più; è uno che cova dentro; che ha dentro di sé un rancore profondo per un’ingiustizia subita, così grave da distruggere le sue aspettative di futuro. E’ il personaggio meglio “scavato” dal punto di vista psicologico nei suoi silenzi, nel suo appartarsi, nelle sue malinconie, nella sua estraniazione dalle feste comandate.
La trama è ben ricamata; pensi di aver individuato il colpevole, poi ne scopri due; immagini un movente, ti sembra quello che spiega il tutto, ma poi lo lasci perdere perché appaiono altre “zeppe”: la lotta politica studentesca a Pisa, il brigantaggio locale – realmente esistito – ora antipadronale ora antifrancese; non mancano neppure le “corna” e i rivali in amore per accrescere la suspense. Infine a colpi di flash back giunge la chiosa finale (dopo molti anni dal delitto a ben vedere): “Sono venuto a chiudere un conto col destino” ; così si ricompone e si spiega tutto.
Il linguaggio è piano, costruito da periodi brevi e sintetici, la lettura risulta facile e scorrevolissima, il lessico è estremamente accurato; come si può constatare in tanti passi descrittivi (affascinanti quelli che tratteggiano scene invernali). Credo che Simoni abbia creato un “giallo sui generis”, dove non mancano gli ingredienti obbligatori, comprese alcune parti decisamente gotiche, lavorando sopra un materiale documentario raccolto con l’attenzione e lo scrupolo dello storico.
Mi pare giusto che gli sia stato attribuito un premio importante.
Auguri per il futuro.
Recensione romanzo
Cav. Dott. Giuseppina Scotti Critico e poeta
"Finirai all'inferno" di Giorgio Simoni è l'opera vincitrice del Premio "Delitto d'Autore" nel 2011, ma l'autore ha vinto anche tanti altri premi importanti e ben ne è evidente il motivo: la sua prosa veloce, snella, ma ricca di descrizioni ambientali sottili, di analisi storica del tempo ricondotta a vera e propria cronaca di vita, con autentica capacità, di appropriati riferimenti, soprattutto in quella che vorrei definire la 1° parte, all'Inferno dantesco ( la terra dove si svolge il fatto ) viene indicata quale ispiratrice d'ambiente, ha dato vita ad un thriller avvolgente nella sua costruzione molto particolare. Tutto ha contribuito a rendere questo "noir", come a me è apparso,estremamente intrigante: leggendolo, infatti, con particolare attenzione, si avverte, secondo il mio parere, l'appartenenza del testo a questo genere narrativo, che si è divulgato negli Stati Uniti intorno alla 2° Guerra Mondiale, per diffondersi, quindi, ovunque. Il "noir" di differenzia dal "giallo", perchè lo scopo del libro non è solamente raccontare e risolvere un crimine: a fine romanzo il lettore deve riflettere, sulla base di ciò che ha letto, sulla realtà che gli gravita intorno, deve analizzare il mondo che lo circonda in base alle informazioni che riesce e raccogliere dalla lettura, in modo tale che, quasi, la soluzione del crimine passi in secondo piano. Ed è proprio questa caratteristica che si riscontra nell'opera del Simoni, nelle sue ampie descrizioni, nei dati storici, nell'incalzare degli avvenimenti sociali ed economici e la definizione che mi è apparsa più calzante sul "noir" ,a proposito di questo testo, è quella di Giorgio Godetti:"...il noir non è un genere: è un colore, uno stato d'animo, una sensazione. Il noir più che indicare un genere specifico, perciò, designa un tono generale, una serie di motivi, un insieme di sottogeneri" e, sempre a mio parere, l'autore ne è un degnissimo rappresentante, perchè nella sua opera si avverte proprio quell'attenzione tipica di tale tipo letterario, che è posto, più che sul meccanismo reale del delitto, sull'ambiente in cui esso si è prodotto, sulla società che l'ha reso possibile e questo è il "noir", non sempre enigmatico. oggi, in Italia, si definisce pure "giallo sociale" e "Finirai all'inferno" fa riemergere le ben definite radici nella tradizione ottocentesca di questi romanzi, esprimendo finalità soprattutto di denuncia e contenuti anche moralistici, caratteristiche del genere.
E' una tessitura questo libro, con un antefatto, un viaggio a ritroso in un mondo "fatale", attraverso immegini "vissute", pregnanti e intense, attraverso un penetrante studio, non soltanto d'ambiente, ma soprattutto dei personaggi, degli individui che costellano il tutto, primi fra tutti gli indagati, ma dove ogni personalità, comunque, è ben delineata nella sua variegata individualità: ognuno sembra essere emanato da un concreto contesto che si mostra in tutto il suo spigliato intreccio di frammenti esistenziali precisi, scanditi dagli accadimenti. Tutto il libro si muove attraverso immagini memoriali e descrittive trascinanti, che glissano il superfluo e colgono il fondo delle cose e degli eventi e si riesce veramente a scavare le orme e i comportamenti di ogni personaggio e, comunque, come in Eràclito, l'armonia non evidente è superiore all'evidente, perchè nella sua teoria, appunto, tutto scorre, cambia, diviene, per perenne animazione, immanente nella realtà, come sembra avvertirsi in questo romanzo.
Di grande interesse anche l'analisi linguistica dei dialoghi nel dialetto del luogo dove la vicenda si sviluppa, quel dialetto toscano, che si differenzia da luogo a luogo, ma resta pur sempre un italiano, parlato, sì, ma ben capibile e fruibile, così come le spiegazioni tecniche che costellano il testo e che denotano la preparazione e l'attenzione dello scrittore. Differenziazioni linguistiche per differenziare la società in un ambiente non facile, in una terra scabra, che sembra, almeno in apparenza, non offrire nulla o, almeno, ben poco e dove si avverte il disagio del lavoratore in tempi lontani e duri.
In questo "noir" si sente effondere ovunque un equilibrato velo di giusta suspence che si delinea sempre più tangibile con lo scorrere delle pagine: una microstoria che diviene macrostoria in forte tensione emotiva e i densi contrasti interiori e il dialogare, a tratti, schiudono spiragli e li richiudono al tempo stesso per esaltare l'aspettativa e, quindi, la soluzione e far appena immaginare la conclusione che, normalmente si attende dall'inizio e che coglierà di sorpresa, perchè così deve essere, fra alternanze dovute-volute in cui si accavallano intrispezioni psicologiche vivide che rendono estremamante "succoso" il libro, facendoci "respirare" gli ambienti, i luoghi, i tempi, quell'universo interiore che scaturisce da un delitto e ci conduce in un labirinto di emozionalità disseminata di paure e di incertezze.
Recensione romanzo
PREMIO ITALO CALVINO - Edizione n. 25
Scheda dell'opera
Finirai all’inferno - romanzo - Giorgio Simoni
Giudizio
Ispirandosi a una vicenda realmente accaduta, Simoni ambienta il suo romanzo in un arco di tempo
che va dal 1813 al 1820 e focalizza in modo interessante la sua attenzione sulle speranze e,
soprattutto, sulle delusioni che Napoleone ha suscitato nell’animo di molti. L’autore riesce a dare al
suo lavoro la veridicità richiesta a un romanzo storico inquadrandolo in una cornice ben
documentata e offrendoci un’interessante e coerente descrizione dei luoghi in cui si svolgono i fatti.
Questa abilità, tuttavia, è inficiata dai troppi, non necessari particolari che distraggono il lettore dal
filo della narrazione. Nel tentativo di dimostrare una certa ricchezza di informazione, Simoni
ottiene l’effetto contrario, quello di appesantire la trama con eccessive descrizioni, eccessive
citazioni colte (si va da Cicerone a Shakespeare, passando per Dante) con contaminazioni non
sempre riuscite di registri linguistici diversi. Sul piano lessicale, poi, c’è una sovrabbondanza di
aggettivi, di orpelli inutili, di improprietà.
Una maggiore sobrietà stilistica avrebbe reso più interessante la narrazione e messo in luce, invece
di soffocarla, una certa abilità nel ritrarre personaggi e ambienti paesani.
Si consiglia all’autore di rivedere lo stile, in particolare per ciò che riguarda i dialoghi, che risultano
spesso poco spontanei.
Il Comitato di Lettura
Recensione romanzo
Direzione editoriale "Crimen"
Mi scuso per il ritardo nel
rispondere, e ti ringrazio per la preferenza accordata e la
paziente attesa.
Sono spiacente di doverti comunicare però che, dopo aver esaminato la proposta,
è stato espresso parere sfavorevole in merito alla pubblicazione:
una lettura attenta e approfondita ha rivelato una forte capacità affabulatoria dell'autore
ed uno stile assai interessante, denso e figurativo, nonchè un'ambientazione e un contesto
originali e vividamente rappresentati;
ma la trama della storia risulta un po' caotica e sfilacciata, i personaggi non tratteggiati
sufficientemente a livello psicologico e la tensione narrativa carente in larghi tratti.
Tieni conto che ci sono scittori come Carofiglio che magari non hanno il tuo stesso
talento narrativo, ma sono capaci di farti appassionare ai suoi protagonisti
e seguire le vicende con pathos. Il calore emotivo di una pagina è dato
non solo dallo stile e dal paesaggio evocato, ma dalla rete relazionale,
dai subplot sentimentali, dalle storie di amicizia, dall'intreccio
che nasce tra le varie sottostorie, dal tema di fondo espresso dalla narrazione.
Chiaramente è un giudizio soggettivo, quello espresso, improntato su un gusto estetico personale,
e non mi sento di trattenere la proposta che potrebbe trovare altri Editori
interessati.
Con l'augurio che possa coronare il tuo impegno,
ti giungano i miei piu'cordiali saluti ed auguri.
Recensione romanzo
Collaboratore sito "I Quindici" Peppe
Salve, sono peppe de iQuindici, ho letto il tuo “Finirai all'inferno”. Sono un
semplice lettore e non un critico letterario, le opinioni che ti riporto di
seguito vanno intese in questo senso, non sono una illuminata critica di un
illuminato professionista.
Il tuo scritto mi ha convinto a metà. Da una parte devo dire che la storia è
assai interessante, semplice e con buoni intrecci narrativi. Dall'altra il
continuo utilizzo di descrizioni che non apportano forza al romanzo ma mettono
sabbia negli ingranaggi della lettura.
Eliminando buona parte di questi passi potresti tirarne fuori un buon
racconto. Un racconto denso di eventi, asciutto come i personaggi che hai
creato. Per il resto ho apprezzato come hai suddiviso i capitoli. Come detto prima
l'intreccio narrativo è ben sviluppato e tiene alto ritmo.
A rileggerti
Recenzione romanzo
Collaboratore sito "I Quindici" Franz
Giorgio ciao,
sono uno dei "lettori residenti" de i15 ed ho letto nelle scorse settimane il tuo libro Finirai all'Inferno. Ti riporto qui di seguito le mie osservazioni, che non sono quelle di un critico letterario ma di un accanito lettore; prendile per quello che sono e spero di poterti essere utile.
Dunque... l'impressione complessiva è buona. Una storia semplice e lineare, senza troppi personaggi, con un intreccio ed una sua complessità che non diventano esagerati. Buono anche il finale, che ho letto per strada perchè mancavano poche pagine alla fine e non volevo aspettare il giorno dopo per sapere come andava a finire. Poichè nel complesso mi sembra che sia un buon lavoro, merita, dal mio punto di vista una descrizione puntuale su ciò che - nella mia impressione, ripeto, di non critico non va...
...Ok... mi fermo, credo si sia capito cosa intendo dire. Gli spunti di miglioramento ci sono, quindi, e vale la pena di approfondirli perchè la storia è buona, semplice, ma ricca. E che posto doveva essere, quello delle putizze..
A rileggerti!
Recenzione romanzo
GIUSEPPE PREVITI "GIALLO PISTOIA"
"FINIRAI ALL’INFERNO ” DI GIORGIO SIMONI YOUCANPRINT
Giorgio Simoni, toscano, tecnico in una grande azienda, prima da sfogo alla sua passione di scrivere componendo testi per canzoni, per poi dedicarsi più stabilmente alla scrittura di romanzi e racconti, partecipando a vari concorsi, e vincendo con Finirai all’inferno, di cui qui ci occupiamo, il premio “Delitto d’autore” 2011. Ci troviamo negli anni intorno al 1815 in Toscana nella zona dei soffioni boraciferi, sta tramontando l’era di Napoleone, tornano i Lorena. La zona è una valle inquietante, poco ospitale, fumi di vapori, affiora lo zolfo, ovunque putizze e fumarole, la vegetazione non alligna. In questo scenario infernale tutto è opprimente, l’aria è irrespirabile. Insomma ben si merita l’appellativo di “Valle del diavolo “. Sono ancora lontani i tempi della moderna Larderello che prese appunto il nome dal francese
Francois de Larderel. In questa sorta di inferno dantesco, secondo alcuni è qui che infatti Dante ha preso il modello per l’inferno della sua Divina Commedia, avviene una fatto orribile.
Protagonista di questa storia è l’arrogante ingegnere livornese Arturo Fiaschi, un pioniere della moderna geotermia, un grande innovatore tecnologico, grande sostenitore di qualsiasi novità in campo tecnico ma non solo, un grande progressista e palesemente filofrancese. Ma come uomo è tutto un’altra cosa, un amorale, senza scrupoli, non esita a approfittarsi della moglie del suo migliore amico, non ha alcuna sensibilità, si è fatto molti nemici. Insomma un personaggio sgradevole che ha suscitato odi e desideri di vendetta avendo tradito l’amicizia, offeso l’onore e tenuto comportamenti poco ortodossi. Suo feroce antagonista il sergente Fazio Scansabisogni, un uomo amareggiato per la piega che ha preso la sua vita, un rinunciatario, melanconico, sempre ad autoflagellarsi per i propri rimpianti, bloccato com’è dal ricordo di un passato assai doloroso, che non riesce a dimenticare, ed ora meno che mai visto che ritrova nella valle boraficera quello che considera l’origine dei suoi mali, proprio quell’ingegner Flaschi. Un titolo di per se stesso indicativo Finirai all’inferno, un inferno che è il terzo grande protagonista di questo romanzo, infernale è il paesaggio ove è ambientata la vicenda, ed infatti l’autore contrappunta i capitoli con molte citazioni dantesche, ma il demonio è anche dentro molti dei personaggi che animano il racconto, personaggi rosi internamente da un fuoco sacrilego alimentato da ofi, rancori, desideri di vendetta.
Giorgio Simoni manovra con abilità la sua trama tenendoci sempre sulla corda, disseminando la storia di indizi sempre dissimili tra loro sì da mantenere sempre viva l’attenzione del lettore. E possiamo dire che ci riesce perché solo il finale ci svela chi è il colpevole. Pur se si può ritenere che l’intenzione dell’autore vada oltre la soluzione del mistero, ma miri piuttosto a mettere in risalto le contraddizioni e le malvagità dell’animo umano.
Lo stile narrativo si sviluppa attraverso una lunga serie di flashback, molto accurata anche la ricostruzione storica, del resto Simoni si è ispirato a un fatto realmente avvenuto per confezionare una storia che odora in tutti i sensi di zolfo….
Simoni si rifà a un episodio che nel 1815 viene riportato dalle cronache sulla tragica morta di un ingegnere tra le putizze della ” valle del diavolo “. Partendo da questo fatto il romanzo ci presenta una serie di personaggi del tempo rievocando tramite loro il clima di incertezza di quel periodo, sono i momenti del passaggio tra Napoleone che si avvia a uscire di scena e i Lorena che stanno per tornare, con la conseguenza da una parte di un clima sociale assai turbolento e dall’altra di una fase di transito di cui tanti cercano di approfittarne a loro vantaggio. In questo periodo ricco di fermenti avviene la triste fine dell’ingegnere caduto nell’acqua bollente, probabilmente per cause accidentali. Simoni ricostruisce i fatti in base
alle cronache del tempo e poi elabora una “propria” storia rispettosa della cornice dei fatti ma completamente di fantasia nello svolgimento. Quindi pieno rispetto per i luoghi, pieno rispetto nel riportare i metodi utilizzati per estrarre il borace, ma piena invenzione per personaggi e accadimenti. Ne esce una storia che avvince il lettore, i personaggi sono tantissimi, tratteggiati con pochi tocchi, tutti comunque realizzati in maniera reale e credibile. Un viaggio nel tempo legato a luoghi affascinanti e ricchi di storia, una storia di un’industria che sorge in forma romanzata, ma ripercorsi con gli occhi di chi li ha vissuti confezionando il tutto sotto forma di mistero.
GIUSEPPE PREVITI
Recensioni romanzo
Recensioni di lettori
Ho finito da qualche giorno il tuo romanzo, è scritto veramente bene: un buon uso del dialogo e della metafora, un dosaggio attento delle informazioni così da creare quella suspance che, credo (perché non me ne intendo molto) debba esserci in un giallo.
Mi è molto piaciuto il lavoro di ricostruzione che hai fatto dei luoghi e dei personaggi, si vede che a monte c’è un discreto lavoro di ricerca per rendere il tutto più reale possibile, per calarlo in un mondo che è veramente esistito e di cui noi, oggi, ne osserviamo “le vestigia”, dei ruderi morti, sparsi qua e la e sempre più abbandonati dal ricordo di una popolazione che si fa sempre più distante.
Anche il tuo modo di scrivere lo trovo molto curato, si vede che è il frutto di un lavoro di anni di studio e di affinamento che ti fanno raggiungere quella scrittura “pulita”, ricca e, allo stesso tempo essenziale…. Senza sprecare niente, dove tutto è al suo posto .... .... .
Per farti un esempio il tuo modo di scrivere mi ricorda molto quello di Loriano Macchiavelli … il creatore di “Sarti Antonio” e della saga del Maresciallo Santobono (scritto a 4 mani con Guccini)
Certo quello che ti dico ha poca importanza, visto che, già persone molto più qualificate di me hanno riconosciuto le tue capacità. Veramente credo che ti meriteresti di poter “sfondare”, soprattutto … mi ripeto… perché si trova, dietro a ciò che hai fatto un lavoro minuzioso di affinamento dello stile e della ricerca delle situazioni per arrivare dove sei arrivato….
Ti garantisco che ci sono molti scrittori affermati (Baricco uno per tutti) a cui trovo molti più difetti e situazioni pretestuose e scontate.
Ti auguro veramente di poter avere tante soddisfazioni.
Caro Giorgio, sono ............., ciao ! Ti scrivo per farti i miei complimenti per il tuo bel libro che ho finito di leggere in questi giorni. Sapevo da tempo che ti cimentavi nella pregevole opera dello scrittore, ma non avevo ancora avuto l'occasione di leggere nulla di tuo. Qualcuno mi aveva parlato molto bene di te, io sono un'accanita lettrice, leggo in continuazione, e quindi ho comprato il tuo libro appena l'ho trovato da Wanda a Larderello.
Prima di tutto mi complimento per l'idea di ambientare un romanzo nella nostra Valle del Diavolo. Molti, forse troppi, si sono prodigati a scrivere libri più o meno storici sulle nostre zone, ma averci calato un giallo è veramente un esperimento gradevole e diverso. Molto mi è piaciuta la tua scrittura, che indugia, senza mai annoiare, su descrizioni precise e colorite sia dei personaggi che dell'ambiente...dove sembra veramente di passeggiare e di agire. Sembra persino di odorare quell'aria che ci è familiare, soprattutto a noi nati degli anni 60, noi che giocavamo ancora tra i tubi, i vapordotti e le valvole che perdevano vapore. Molto mi è piaciuta la caratterizzazione dei personaggi, tormentati e straziati da dolori che non si possono abbandonare nè confessare!
Il racconto scorre veloce e ben costruito, forse i giallisti puri potrebbero trovare certi cedimenti nella trama, si capisce bene chi può essere l'assassino, ma ti assicuro che per me questo è stato secondario, importante per la mia anima di lettrice, è rimanere attaccata alle pagine per la piacevolezza di leggerle, passo passo, riga per riga.
Spero che scriverai ancora altri libri, ancora complimenti e saluti.
Ciao Giorgio sono ...............,
finalmente ho letto il tuo libro e devo farti i miei complimenti: è veramente avvincente e mi è piaciuto. Tra l'altro l'ho letto in Corsica circondata da francesi quindi quei nuvoloni me li trovavo anch'io intorno come gli antichi abitanti della Valle del Diavolo. L'ho trovato sopratutto originale perchè hai menzionato i nostri luoghi...... a proposito non ho capito bene dove è San Francesco. Beh' me lo spiegherai.
Ciao
Sono andata al mare per una settimana ed ho avuto tutto il tempo di leggere FINIRAI ALL'INFERNO,il tuo libro.In realtà l'ho letto in due giorni perchè volevo arrivare alla fine,sapere chi era l'assassino,mi incuriosiva.La descrizione storica dei luoghi e dei sistemi lavorativi dell'epoca mi hanno molto incuriosita e così mi sono riletta tutto una seconda volta.Interessante e scorrevole la lettura e non mancano neppure i colpi di scena . Un po' difficoltoso leggere i dialoghi in dialetto ma credo siano stati scritti per dare più forza e comprensione del luogo e del tempo, nel quale si svolge l'azione.Mi è piaciuto molto e penso sia meritato il prestigioso premio.Ancora COMPLIMENTI!!!!
Desta un piacevole stupore ritrovare in un testo di narrativa luoghi così appartati rispetto alle più frequentate ambientazioni nazionali: la valle dell'inferno sembra, per chi non la conosce, una pura invenzione letteraria, soltanto chi abita qui, nella marginale Maremma, riconosce luoghi e scenari. Del libro colpisce positivamente la struttura narrativa, in buona parte in flash-back temporalmente ben definiti. Anche la scrittura acquista sicurezza con il procedere della storia. Si attende una seconda prova.
Buongiorno sig. Simoni, non ci conosciamo. Un mio amico, Daniele, mi ha prestato il suo libro e mi ha detto che gradirebbe un commento. Devo dire che l'ho trovato piacevole, ben scritto, meglio di tanti best seller blasonati. Finalmente un libro che pur essendo un giallo non scimmiotta i gialli americani, ha personalità, è interessante il contesto sia storico che geografico (anche se vabbè noi di maremma apprezziamo di più!) ed anche la tecnica del flashback dà movimento. Mi sono piaciute anche le descrizioni delle putizze quasi fossero gironi infernali, è un tipo di lavorazione che non conoscevo. La ringrazio per i momenti piacevoli che la lettura del suo libro mi ha regalato. Scriva ancora. Elisa.
Commenti e considerazioni sul libro FINIRAI ALL’INFERNO di Giorgio Simoni fatti dagli allievi della scuola media di Larderello (CHE RINGRAZIO)
Il libro mi è piaciuto molto,e di questo ne sono felice perché non sono tanto appassionata ai gialli. La cosa più bella è che quando lo cominci a leggere ti mette curiosità e non vedi l’ora di arrivare in fondo per scoprire chi è l’assassino, infatti già il titolo mi ha spinto molto verso la lettura.
Giulia Boldrini
Il linguaggio è semplice e si riesce a leggere facilmente. Secondo me FINIRAI ALL’INFERNO è un libro molto bello e appassionante soprattutto per i colpi di scena. Infatti solo alla fine si riesce a scoprire il colpevole e si tratta di un giallo molto intricato.
Francesco Cianchi
Il linguaggio è comprensibile e il dialetto toscano contribuisce a dare al racconto quella vena di ironia che lo caratterizza.
Il libro è scritto molto bene e le descrizioni sono molto ampie. Il racconto è molto intrigante e ben costruito, il modo in cui è scritto suscita grande curiosità nel lettore. Una cosa che mi è piaciuta molto è stata la scelta di usare il dialetto toscano che ci riporta in qualche modo anche alle radici dell’autore. Oltre ad appassionarci con il suo racconto, il sig Giorgio Simoni, ci ha anche raccontato che i luoghi nelle vicinanze di Larderello a quei tempi erano inospitali al contrario di come sono diventanti adesso, come si estraeva il borace e anche come è nata l’industria fiorente di Larderello.
Emilia Bulugheana
Questo è uno dei libri più belli che ho letto, ha un linguaggio non molto facile ma comprensibile, ci sono molte parole che non ho capito ma la prof me le ha spiegate una ad una. A tratti ci sono episodi comici, visto che è un giallo mi ha tenuto sulle spine fino alla fine. Il colpevole non era la persona che avevo immaginato anche perché gli indizi vengono rivelati alla fine del libro e con essi anche l’assassino. Non c’è una parte che preferisco di più, ma ci sono episodi che contengono un linguaggio “ alla toscana “ e fanno ridere molto. Un’altra caratteristica che apprezzo del libro sono le descrizioni e penso che l’autore si stato molto bravo a scriverle. Non credevo che le ore di lezione potevano essere divertenti anche leggendo un libro. La prof è stata molto brava ad interpretare i personaggi cercando di imitare le loro voci e leggendo in toscano.
Besnik Bruti
Il linguaggio usato è semplice e scorrevole; alcune parti sono scritte in toscano ma le si può leggere senza difficoltà.
Secondo me FINIRAI ALL’INFERNO è un libro molto appassionante e coinvolgente mi è piaciuto particolarmente anche perché parla di Larderello intorno all’800 e dei tempi in cui Napoleone aveva conquistato la Toscana. È inoltre molto interessante perché fino alla fine non si scopre l’assassino e quindi vieni invogliato a leggerlo ancora di più.
Elisa Balestri
Il linguaggio è moderno e piacevole.
Il libro mi è piaciuto talmente tanto che non volevo che finisse ma la curiosità mi spingeva ad andare avanti verso la conclusione.
Giulia Franchi
SORPRESA! Ecco un regalo fattomi dagli alunni della 3°D dell'Istituto comprensivo di Greve in Chianti Scuola media Giovanni da Verrazzano Anno scolastico 2017-2018.
Dopo aver letto, su indicazione dei professori Nencetti e Lognoni (che ringrazio) il libro FINIRAI ALL’INFERNO e poi essere venuti a Larderello a incontrami durante la loro gita scolastica, hanno composto questi testi che mi hanno fatto davvero piacere e che ho apprezzato tantissimo. La fantasia e le capacità letterarie di questi ragazzi sono davvero ammirabili. Complimenti vivissimi a tutti! Sappiate ragazzi che siete stati fortunati ad avere degli insegnanti così, potete ringraziarli. Io intanto ringrazio voi per l'attenzione che mi avete riservata.
A seguire i testi dei ragazzi.
Finiti all’inferno! (Articolo che apparirà sul giornale di scuola “La piazza”)
(Beatrice Bencistà Falorni – Alice Tavanti)
Il 24 aprile 2018 tutte le terze della scuola media sono andate in gita a Larderello per visitare il Museo della geotermia, i soffioni boraciferi e per parlare con lo scrittore Giorgio Simoni, autore del libro Finirai all’inferno, un giallo ambientato nella prima metà dell’Ottocento proprio in questi luoghi, meglio conosciuti come “la valle dell’inferno”. La prima tappa è stata al museo, dove ci aspettava la guida che ci ha raccontato la storia di Larderello e delle sue attività. Dopo la visita abbiamo incontrato Giorgio Simoni che abbiamo tempestato di domande sulla sua vita e su quella dei suoi personaggi.
Tra le curiosità, nate dalla lettura del libro, alcune riguardavano le motivazioni e i tempi della scrittura. Simoni ha risposto che avendo accesso all’archivio storico dello stabilimento ha potuto costruire un intreccio originale a partire da un episodio realmente accaduto a cui ha aggiunto quel po’ di mistero che è servito a renderlo un giallo. Ha inoltre confessato che ama scrivere la sera tardi, dopo mezzanotte, perché è il momento in cui c’è più silenzio e quindi maggior possibilità di concentrarsi. Alcuni di noi hanno chiesto notizie relativamente ad un eventuale sequel della storia e lo scrittore ci ha rincuorati, svelando che il romanzo fa parte di un progetto a più puntate che vede protagonista prima di tutto questo territorio. Unico neo? Il fatto che gli editori vogliono sempre avere l’ultima parola sui titoli. Simoni sembrava piuttosto entusiasta del nostro “interrogatorio”, così siamo rimasti assieme per più di un’ora.
Prima di pranzo abbiamo ripreso il pullman per andare a vedere il soffione dimostrativo il quale ci ha confermato quanta pressione ci sia sotto i nostri piedi, tanto che dovevamo stare ad una certa distanza di sicurezza. Nel pomeriggio siamo partiti per una lunga passeggiata sulle Biancane. Grazie al programma di scienze, noi conoscevamo già i soffioni boraciferi, ovvero le emanazioni di vapore acqueo che fuoriescono dal terreno. La guida ci ha fatto avvicinare ad essi e, com’è facile immaginare, c’era una gran puzza di uova marce! Questo odore sgradevole è infatti causato dallo zolfo presente nei soffioni. Alla fine della passeggiata all’inferno, abbiamo ringraziato la guida e … quindi uscimmo a rivedere le stelle!
Beatrice Bencistà Falorni – Alice Tavanti
Un viaggio tra i soffioni Misteri a Larderello
(Francesco Fiani)
“Eccoci arrivati!” esclamarono in coro i professori. Quando sentii quelle parole non potei fare a meno di voltarmi verso il finestrino ad osservare il paesaggio. “Questo è ciò che ci aspetta” dicevo tra me e me, e continuavo attentamente a guardare fuori.
Eppure era come se alla vista di quei soffioni il mio corpo rabbrividisse dalla paura e cercasse di scovare un mistero; sì, proprio così, mi sembrava che ci fosse qualcosa di segreto e occulto in quel luogo: forse il Santo Graal, la spada di re Artù, il corpo di Lancillotto… no, no, cosa dico, forse solo il corpo di una persona si poteva trovare dentro, accanto, vicino a quei inquietanti soffioni.
Cercai di spiegare a me stesso le mie convinzioni, ma neppure quel mio “lui” ci credeva; nonostante ciò ero sicuro che da lì a poco qualcosa sarebbe successo!
Scesi dal pullman, tutto mi sembrava differente: mi ero tranquillizzato. Pensavo che senza dubbio quello che avevo provato alla vista di quel cupo ambiente fosse stato frutto della mia immaginazione; infatti tutti i miei compagni ridevano e scherzavano.
Per la prima meta, che era un museo ricco di strumenti differenti, ci incamminammo verso nord-ovest; arrivati, ci concentrammo su un’esposizione di apparecchi e strumenti adibiti alla produzione di energia geotermica; lì ci fu spiegato come si produce questo tipo di energia. Conclusa la visita, ci avviammo verso una sala vuota.
“Salve a tutti, ragazzi!” Ecco entrare Giorgio Simoni, l’autore di “Finirai all’inferno” ed era lì, per noi. Lo scrittore era affiancato da una signora piuttosto anziana, dagli occhi svegli ed attenti e pareva entusiasta di vederci.
Egli si sedette: era ansioso di sentire le nostre domande che (lo preannunciammo) sarebbero state tantissime. Più di un’ora, infatti, restammo a riempirgli le orecchie di parole! Si divertiva, Simoni, e noi anche: non avevamo mai fatto una simile intervista!
Successivamente ci incamminammo verso i soffioni boraciferi. “Dietro la linea, ragazzi!” ci impose la guida. Sarebbe stato molto pericoloso avvicinarsi ai soffioni; ci tappammo le orecchie ed osservammo lo spettacolo. L’ultima visita di quel giorno furono le biancane di Monte Rotondo. Lì potemmo notare come un componente del vapore acqueo, l’acido solfidrico, avesse rovinato nel tempo l’ambiente.
Tornammo in pullman stanchi, ma felici. Per tutto il tempo non feci altro che pensare alla magnifica giornata che avevo passato; avrei parlato parecchio di questa avventura, ma non delle stupide emozioni che avevo provato alla prima vista di Larderello. Quanto sono stato contento di vedere Simoni e … e … quella signora! Già, quella signora, quella che avevo descritto in età avanzata e contenta di vederci. Aveva detto che andava a prendere una penna per gli autografi e che sarebbe tornata. Eppure, ripensandoci, la penna allo scrittore l’ho consegnata io stesso e la signora non è più tornata … che strano!
La situazione ad oggi …
Passano i mesi e nessuno in classe si è accorto di niente. Sul giornale “La Repubblica” c’è scritto: “Scomparsa di una signora ai soffioni di Larderello, un paesino in provincia di Pisa. Secondo la polizia, che ha ritrovato il corpo in una putizza (la persona non è riconoscibile dall’aspetto esteriore), qualcuno ha spinto la vittima prima che cadesse. L’indagine è aperta”; chissà che non fosse proprio lei!
Larderello è avvolto nel mistero, e forse noi ne siamo coinvolti.
Il braccio del soffione
(Alessandro Sereni)
Era una gita come le altre: il pullman, la merenda, i souvenirs; andò tutto bene fino al soffione di prova. Per arrivarci eravamo risaliti nel pullman che aveva avuto dei problemi, ma niente di grave. Comunque tornando al soffione, avevamo soffiato in uno spiazzo laterale alla strada e ci eravamo posizionati lungo la linea rossa. Iniziò a fuoriuscire il vapore, era fortissimo, e ad un certo punto ne uscì uno strano oggetto.
Arrivò molto vicino a noi; era un braccio! Non era completamente riconoscibile, ma si diffuse il panico, la paura era tanta e la voglia di andarsene altrettanta.
Ritornammo sul pullman che non voleva ripartire ma, dopo svariati tentativi, riuscimmo ad andarcene. Scappammo a gambe levate, la mattina non avevo voluto credere alla maledizione dell’ingegner Flaschi, ma quello non era che il suo corpo incastrato nel soffione.
Il Diavolo non vive qui
(Pietro Cassini)
Ecco arrivato il fatidico giorno in cui noi ragazzi delle terze ci tufferemo nel puzzo e nel caldo delle putizze con a guardia la professoressa Nencetti, la professoressa Chiappetta e... (taratatan!) il professor Lognoli. Era strano, sì, in questi giorni, il professor Lognoli: si muoveva scattando e mangiandosi le unghie; inoltre aveva certi occhi che parevano di bragia. Oggi mi sembrava più nervoso: salendo sull'autobus aveva spintonato (per mettersi a sedere lui) Alessandro S. al quale non torcerebbe mai un capello.
Dopo un viaggio movimentato arrivammo a Larderello, località toscana famosa per i suoi soffioni boraciferi. Appena aperta la porta dell'autobus, il professor Lognoli (che da ora per comodità chiamerò direttamente Lognoli) si precipitò fuori, come se avesse bisogno di aria; e che aria! C'era un puzzo di zolfo che toglieva il fiato. Lognoli fece un sospiro profondo e proruppe in un gemito, quasi un sospiro, di piacere.
Ora, tutti mi crederebbero pazzo se dicessi loro che il prof. sembrava un po' "satanico" quindi, lo chiesi alla persona più seria ma comprensiva, Checco, e lui mi rispose con aria misteriosa, forse ironica: -Potrebbe essere...- .
Visto che Checco non mi considerava più, mi guardai intorno: c'erano soffioni boraciferi ovunque e l'aria densa di un fumo nero. In quel paesaggio infernale, ci incamminammo verso l'edificio principale. Aperta la porta, ci stipammo là dentro: l'ultimo era Lognoli. Mentre gli altri entravano mi voltai indietro e vidi il prof. accennare qualche passo di danza: che strano! Giorgio Simoni è un signore simpatico che ci ha accolti calorosamente. Noi gli abbiamo fatto le nostre domande e lui ci ha risposto. Alla fine, ci ha anche spiegato che stava scrivendo un altro libro: Il Diavolo non vive qui.
Detto questo, il prof. Lognoli saltò su un tavolo e cominciò a declamare: -Per volere di Madre Terra io, Belzebù (che infatti non vivo qui) sono venuto a punirvi, per i crimini da voi commessi - . Detto questo, saltò su di noi e atterrò Beatrice e Bernardo esclamando: -Banzaiiii!!- . Tutti scappammo, salimmo sul pullman e non tornammo più a Larderello.
Ora a matematica abbiamo il professor Gualtierotti.
Casca
(Beatrice Bencistà Falorni)
Il giorno 24 aprile siamo andati in gita a Larderello. Con l’occasione abbiamo fatto una piccola “intervista” a Giorgio Simoni, l’autore di “Finirai all’Inferno”.
Mentre eravamo dentro una stanza a fargli delle domande, arrivarono dei poliziotti e dei carabinieri, ci dissero di uscire e di andarcene subito. Chiedemmo perché e loro ci risposero che era pericoloso restare ancora là. Noi ragazzi uscimmo, i professori che ci avevano accompagnato invece andarono a chiedere spiegazioni. Tornarono subito dopo dieci minuti e ci spiegarono perché dovevamo andare via: nelle zone di Pomarance era arrivato un signore sospetto, un certo Laschi, si dice che fosse un parente di Flaschi e che fosse lì per vendicare la sua morte. Noi non volevamo andarcene e decidemmo di aiutarli a “catturarlo”. Laschi era un gigante, era altissimo e robusto. Ad essere sinceri, faceva un po’ di paura! Appena arrivò, entrò nella sala, e chiese dove fosse Scansabisogni, noi gli dicemmo che Scansabisogni era morto già da un pezzo, allora ci chiese di Cercabisogni, noi non sapevamo chi fosse, ma dal nome ci immaginammo che potesse essere un parente di Scansabisogni. Cercabisogni lavorava vicino alle putizze. Per non fargli fare la stessa fine di Flaschi la polizia lo aveva già avvertito e lo aveva fatto nascondere. Laschi, andò su tutte le furie, continuava a chiedere dove fosse Cercabisogni, ma noi non lo sapevamo, allora restammo zitti. Dopo un po’ che andava avanti così, entrò nella stanza un uomo: “Eccolo!” esclamò Laschi; così capimmo che quell’uomo era Cercabisogni. Appena lo vide, Laschi si calmò e disse: “Casca? Sei davvero tu?”. Laschi si ricordò che lui e Cercabisogni, o come lo chiamava lui “Casca”, erano dei vecchi amici che avevano fatto le superiori insieme; la voglia di Laschi di vendicarsi svanì subito, e passò un po’ di tempo con il suo amico. Noi finimmo “l’intervista” e tornammo a casa a parlare dell’accaduto.
La valle infernale
(Viola Ermini)
Era la mattina del 24/04/2018 e la nostra classe stava partendo per andare a trascorrere una giornata a Larderello. Pensavamo che sarebbe stata una semplice gita, ma invece non è stato così. Arrivati, eravamo molto contenti, ma quando siamo scesi dal pullman abbiamo cambiato idea. L'aria era molto puzzolente, sembrava un giacimento di uova marce. Dopo aver fatto un giro illustrativo del museo con una guida, siamo partiti per andare a vedere uno dei tanti soffioni boraciferi.
Lo spettacolo ci ha rotto i timpani (per la pressione con cui usciva il vapore dal terreno) ma ci ha allo stesso tempo affascinati. L’odore si stava facendo sempre meno forte e continuavamo a divertirci. Per pranzare ci siamo fermati sopra una collinetta nei pressi dei piccoli soffioni boraciferi. Dopo la pausa pranzo siamo ripartiti per andare a fare una camminata tra i soffioni. La guida ci ha mostrato molti elementi naturali che si producevano in quel posto, ma la più spaventosa è stata l'acido solfidrico. L'atmosfera era calma, la guida stava spiegando tranquillamente, quando ad un tratto un nostro compagno di classe, Alessandro Mazzi,dopo aver toccato l'acido solfidrico proveniente da un soffione si è leccato il dito.
La guida ha spalancato gli occhi e si è messa a gridare, mentre la fronte le sudava incessantemente: “Quell' acido era velenoso!” ha esclamato. Alessandro si è subito sciacquato la bocca con dell'acqua, ma non ha funzionato. I suoi capelli sono cascati uno ad uno e in pochi secondi è rimasto pelato. Per fortuna la guida, prima che succedesse qualcos'altro di spiacevole, ha trovato nella sua borsa un medicinale molto potente che ha subito fatto bere al nostro compagno, salvandolo. Tra noi era rimasta un'atmosfera di stupore, paura ed imbarazzo, non so bene cosa fosse quell'emozione, so che però la provavamo tutti, compresi i professori che decisero di rientrare immediatamente a scuola.
La valle infernale aveva avuto il suo effetto e, pur facendoci paura, era riuscita a lasciare il suo segno nelle nostre vite!
Ermini Viola
Gita alla valle del diavolo
(Alice Tavanti e Arianna Maddaluni)
Alle 7.30 ci aspettava il pullman per andare al Larderello. Molti ragazzi non erano ancora arrivati quando il prof ricevé un messaggio anonimo: “La gita è saltata!”. Mentre stava rispondendo al messaggio, un ragazzo, senza rendersene conto, fece un gesto brusco col braccio e il telefono cadde per terra, si ruppe e il volere del prof di saperne di più andò in mille pezzi. Il ragazzo venne sgridato e i prof dissero che sarebbe stato sorvegliato tutto il giorno. Poi, gli stessi decisero di andare comunque in gita, perché pensavano che non fosse altro che uno scherzo.
Arrivati a Larderello, ci accorgemmo subito che qualcosa non andava: non c’era nessuno ad accoglierci e l’odore era particolarmente pesante. Provammo ad andare al museo, per vedere se c’era qualcuno che ci potesse aiutare. Quando siamo entrati, ci siamo accorti che non c’era nessuno alla cassa. I professori cominciarono a parlare per decidere se fosse meglio tornare a casa o continuare a cercare. All’improvviso sentimmo un rumore dalla stanza vicina, tutti ammutolirono e il prof Lognoli, dicendoci di stare fermi, si avvicinò all’entrata della stanza accanto. Seguendo con lo sguardo il prof che si addentrava nella stanza semibuia, mi accorsi che molti dei miei compagni, di solito agitati e casinisti, si erano come congelati e trattenevano il respiro. Il prof entrò nella stanza e accese la luce, così ci rendemmo conto che dentro c’era solo Giorgio Simoni, lo scrittore del libro che avevamo letto (Finirai all’inferno). Lo scrittore ci disse che un individuo aveva messo un minerale che, mischiato al vapore, lo aveva fatto diventare nocivo per tutte le forme di vita. I professori, dopo il racconto, decisero che era il caso di tornare a casa. Alcuni nostri compagni però risposero che non era giusto perché noi eravamo in tanti e avremmo potuto risolvere il problema. Altri ragazzi erano d’accordo e i professori furono costretti a cedere perché se qualcuno fosse uscito da solo, probabilmente si sarebbe perso. Arrivati alle Biancane, ci coprimmo la bocca per non respirare il vapore. Alcuni ragazzi rimasero nell’autobus con dei professori perché avevano paura. Noi ci incamminammo verso le fumarole. All’inizio non c’era nulla di sospetto, ma poi le tracce di alcuni passi sul terreno divennero più evidenti. L’aria si faceva sempre più scura, pian piano che ci avvicinammo alle fumarole. Dei ragazzi intorno a me iniziarono a sentirsi male quindi dovettero tornare indietro. Eravamo rimasti in pochi, con un solo professore. Mi sentivo svenire e non riuscivo a respirare. Oltre alla sagoma del professore vidi un’ombra che si muoveva rapidamente nella direzione opposta alla nostra. La mia vista si annerì e sentii il terreno caldo sotto la schiena …
Alice Tavanti e Arianna Maddaluni
“UN GRANDE MISTERO A LARDERELLO”
(Leonardo Soldani)
Il responsabile della sicurezza del “Museo della Geotermia” di Larderello era in servizio da ormai trent'anni e non aveva mai accolto una persona tanto importante per la zona, infatti quell'uomo, il signor Geotermi, voleva finanziare l'ampliamento della produzione di energia a Larderello con circa 25 milioni di euro. La guardia lo invitò gentilmente ad entrare, sebbene con un po' di timore, dicendo: “Prego, entri pure! Si ricordi di comprare qualcosa al negozio di souvenirs! Noi di Larderello la ringraziamo per tutto quello che vorrà fare!” Dopo averlo ringraziato, il signor Geotermi entrò all'interno del museo, seguito dalla sua scorta di carabinieri e poliziotti.
Il museo era vuoto, completamente deserto, era stato chiuso al pubblico per evitare attentati alla vita dell'uomo, che in quel momento per tutta la zona, era la persona più importante del mondo. La guardia avvertì uno strano suono, era un fischio mischiato ad un ticchettio. Proveniva dalla stanza accanto. Si diresse per vedere cosa fosse e appena aprì la porta, vide tantissime bombe di vario tipo, abbastanza da poterci fare una piccola battaglia. Cercò subito la radiotrasmittente, l’accese e comunicò la necessità di abbandonare il museo, ma appena finì la frase, le bombe esplosero. La guardia avvertì un forte boato e un grande calore, poi niente. Il giorno dopo i vigili del fuoco avevano già spento le fiamme, questo permise alla polizia scientifica di investigare. In poco tempo si capì che non c'erano stati sopravvissuti. Le indagini vennero passate al sovrintendente della polizia scientifica, Giorgio Simoni. Durante le indagini non venne trovata alcuna prova perché probabilmente erano state distrutte nell'esplosione o durante l'azione dei pompieri.La situazione era critica, molto critica.
Nelle settimane successive, vennero distrutte molte centrali, molte torri di raffreddamento e molti vapordotti, fortunatamente con poche vittime, le telecamere non mostravano niente, o perché chi lo faceva aveva il volto coperto, o perché la telecamera veniva distrutta nell'esplosione. La popolazione andò nel caos più totale, molti si trasferirono, altri non uscivano più di casa, altri ancora non si fidavano più di nessuno, insomma, tutti avevano paura di essere il prossimo. Simoni, al contrario, non si arrese e continuò le indagini. I suoi uomini avevano ritrovato delle impronte digitali su un pezzo di torre di raffreddamento, molto vicino a dove era avvenuta l'esplosione. Inoltre, sulla strada, venne ritrovato un pezzo di fanale di un'auto. Questi due indizi conducevano ad un uomo che lavorava a quella torre di raffreddamento, quindi i sospetti su di lui si affievolirono, ma successivamente le sue impronte vennero ritrovate anche su un vapordotto esploso, quindi la polizia dopo attente indagini riuscì ad arrestarlo. Le esplosioni e gli omicidi però continuarono, Larderello non era più simbolo di energia, alternatività, ecosostenibiltà, era famoso solo per le esplosioni e gli omicidi, ai telegiornali se ne parlava sempre, i turisti non venivano più, Larderello era sul punto di fallire. Simoni controllò le crescite economiche delle aziende rivali, scoprì che una delle aziende, chiamata “CarbonItalia”, aveva subito un grandissimo incremento, quindi decise di infiltrare uno dei suoi agenti dentro l'azienda, ma nessuno ne parlava mai. L'agente fu costretto a lasciare l'azienda con un pugno di mosche. Passavano le settimane, gli omicidi continuavano assieme alle esplosioni, e ancora non si era trovato il colpevole. Allora Simoni decise di intercettare tutte le chiamate dei direttori di CarbonItalia, ma ancora niente, avevano pensato a tutto. Alla fine gli informatici più bravi della squadra, riuscirono ad attivare la webcam di uno dei computer e videro che i due principali direttori, ovvero il signor Pieri e la signora Giusi, parlavano per iscritto. I sospetti su di loro aumentavano. Intanto i chimici e i genetisti della squadra trovarono, grazie alle prove delle impronte digitali e del DNA, l'attentatore, un sicario assoldato da CarbonItalia, il signor Omicidi. A quel punto Giorgio Simoni adottò un piano infallibile per incastrare tutti e tre i criminali.
Dopo due giorni acquistò un capannone in mezzo alla campagna, con una sola entrata e uscita e poi obbligò il signor Pieri e la signora Giusi a presentarsi, con l'accusa di essere sospettati. I due entrarono all'interno del capannone, dove davanti a loro Simoni li attendeva assieme a tutta la sua squadra. Iniziarono a dialogare, una discussione che pareva infinita, alla cui fine i sospettati, senza timore e convinti di aver vinto, confessarono. Fecero un segnale e dalla porta sbucò il sicario, che lanciò una granata. Tutti si buttarono a terra, ma la granata non esplose. Simoni gridò: “Tutto come avevo previsto, adesso bloccatelo!”, spuntarono due poliziotti che lo fermarono, poi passarono la granata a Simoni, che spiegò: “Sembrerà strano, ma io avevo previsto tutto! Abbiamo scoperto che voi comunicavate per iscritto, e che avevate assoldato un esperto per far diventare grande la vostra azienda, così mi è venuto in mente questo piano, che ora spiegherò: abbiamo subito iniziato a seguire il signor Omicidi, per trovare un momento in cui non fosse a casa. Quando ieri è andato in palestra, uno dei più grandi artificieri dell'Italia ha trovato moltissime bombe non registrate che poi ha disinnescato e sostituito con alcune finte, ma uguali all'apparenza e nel peso. Inoltre abbiamo fatto la stessa cosa con tutte le armi che possedeva, avevo immaginato che all'improvviso avrebbe cercato di ucciderci a questo “appuntamento”, e questo spiega perché dopo la confessione vi siate allontanati. Siete soltanto dei codardi! Credete che sia giusto poter diventare ricchi uccidendo persone innocenti e mandando in fumo la reputazione e l'economia di un'intera zona! Provate a discolparvi adesso!”. I due si misero a ridere e insieme esclamarono: “Avrete anche vinto il primo round, non uscirete però vivi dal prossimo!”, tirarono fuori una pistola, ma Simoni controbatté: “Adesso!”. In quel momento circa dieci agenti dei carabinieri si gettarono sopra la signora Giusi e il signor Pieri. Simoni trionfante gridò: “Avevo previsto anche questo!”. I sospettati vennero portati via e dopo pochi giorni in tribunale vennero condannati all'ergastolo. Da quel giorno Larderello riprese il suo prestigio, le centrali e il museo vennero ricostruiti e nel paese tornò un grande benessere.
Leonardo Soldani
Sintomi da biancane
(Alessandro Sussi)
Quella mattina nessuno poteva immaginare ciò che sarebbe successo una volta arrivati a Larderello. Appena scesi dal bus l’odore dello zolfo ci invase i polmoni e subito dopo mi accorsi che la prof.ssa Chiappetta era diventata un po' frenetica e agitata, ma pensai che fosse l’emozione della gita.
Appena la guida ci raggiunse, ci fece entrare in una stanzina buia dove posammo gli zainetti e la porta ci si chiuse subito dietro. Entrammo nel museo e lì le cose non cambiarono. Mentre guardavamo un video, sentii i prof., che erano rimasti indietro, confabulare tra di loro, sembravano molto agitati e anche un po' impauriti.
La prof.ssa Chiappetta invece correva da un plastico all’ altro con una velocità “nuova” per lei, usciti dal museo ci avviammo a mangiare e adesso era il prof. Lognoli ad essere frenetico, per ovvi motivi che non voglio specificare; durante il pranzo, al tavolo dove sedevano i professori vi era un gran borbottio, tutti i prof. erano chinati spalla a spalla, con le teste attaccate come se dovessero dirsi un segreto.
Quando andammo a vedere un soffione, che la guida azionò, si raccomandarono di restare dietro ad una linea rossa tracciata per terra, ma la prof.ssa Chiappetta, incurante dei consigli, spesso superava la linea. Morale: appena tornammo sul bus, lei era scomparsa.
Dopo il soffione ci avviammo verso l’ anello delle Biancane dove vedemmo, oltre alle altre più piccole, una grande spaccatura, anche molto profonda, nel terreno dalla quale usciva molto gas puzzolente, all’odore dello zolfo gli altri professori manifestarono gli stessi sintomi della prof.ssa Chiappetta.
Durante il viaggio di ritorno il prof. Lognoli requisì il telefono al Mazzi e la prof.ssa Chiappetta ne requisì altri due; i professori ci dissero che tutte quelle “stranezze” erano volontarie, per coinvolgerci di più nella gita ed io mi resi conto che non ero l’unico ad essermene accorto.
Alla fine la prof.ssa Chiappetta rese i telefoni e noi pensammo che facesse parte dell’idea e che sarebbe stato reso anche al Mazzi, ma non fu cosi...
Larderello’s party
(Lushe Myftaraj)
Fino a qualche anno fa, tutte le terze sono andate al Larderello per vedere i soffioni. E quest'anno non è stato un'eccezione; infatti, le terze A, B, C e noi della terza D siamo partiti alla volta dei soffioni.
Durante il viaggio l'atmosfera è stata divertente anche se le classi erano divise in due pullman. Si vedevano dei comportamenti nuovi, perché di solito una classe si abitua agli atteggiamenti dei propri compagni. Ed è stato interessante ''esaminare'' queste novità...
È stato inoltre divertente perché si vedevano dei ragazzi che scendevano a ogni minuto, ma la cosa entusiasmante era che le porte del pullman rimanevano sempre aperte e che questo non si fermava mai, quindi tutti venivano catapultati qua e là. Una volta che tutti si calmarono per recuperare l'energia, apparve una palla da discoteca, la quale scese direttamente dal soffitto del pullman e tutti si misero a ballare. I professori non erano quei soliti prof. che rovinavano le feste, anzi, ballarono con noi ed erano l'anima della festa.
Dopo il viaggio, molto interessante, arrivammo al museo. Lì, ad aspettarci, c'era una guida molto euforica che aveva in mano due palle di metallo che se si strofinavano tra di loro e davano una leggera scossa. Ci disse che le aveva prese in caso ne avesse bisogno con noi! Il professor Lognoli apprezzò l'idea e andò subito a comprarne un paio. Aveva in mente di utilizzarle nelle sue ore, perché secondo il prof. L’attenzione era fondamentale e guai se si perdeva un minuto!!!!!
Una volta visitato il museo, siamo andati a fare alcune (per alcune intendiamo circa un' ora e mezzo) domande a Giorgio Simoni, autore del libro '' Finirai all'inferno''.
Egli era molto determinato, tranquillo, ma anche molto scocciato da tutte quella curiosità.
Una volta arrivati ai soffioni, abbiamo subito ''apprezzato'' l'odore molto gradevole dello zolfo che sapeva di uova merce e di topo ormai putrefatto.
Successivamente, le classi si sono separate e la terza D aveva una guida molto particolare, direi “speperina”. Dato che si vantava e che diceva di non aver paura di niente, aveva provato a toccare una roccia molto vicina ai soffioni e si era bruciata. Mentre l'intera classe aveva provato a toccare e ovviamente non si era bruciata. Al ritorno eravamo tutti stanchi perché era stata un'esperienza bella, interessante, ma faticosa, infatti la serata si era svolta con tranquillità.
Lushe Myftaraj 3 D
Un giorno a Larderello un gruppo di ragazzi andarono a visitare la zona, la guida dopo aver spiegato tutto scomparve nel nulla, i ragazzi se ne accorsero e iniziarono a cercarla, ma nessuno riusciva a trovarla. Dopo poche ore, uno dei ragazzi andò in bagno... ma non tornò più. I ragazzi iniziarono a preoccuparsi e decisero di uscire.
Arrivati ai cancelli, alti 30 metri, tutti in pietra liscia, si accorsero che erano stangati: ormai erano chiusi lì dentro.
Allora tornarono verso l'interno e decisero di continuare la visita, mentre guardavano il vapore che usciva da terra, uno di loro venne risucchiato e scomparve anche lui.
I ragazzi, allora terrorizzati, iniziarono a farsi prendere dal panico, erano rimasti solo in quattro!
Dopo poche ore di terrore, la guida tornò chiedendo loro perché fossero così terrorizzati, i ragazzi risposero che alcuni di loro erano scomparsi, la guida allora disse che probabilmente stavano facendo loro uno scherzo. Uno dei ragazzi chiese se la guida lo poteva portarlo fuori, lei accettò e lo accompagnò, mentre gli altri aspettavano lì.
Quando la guida tornò, i due ragazzi rimasti notarono una macchia di sangue sulla sua camicia, allora capirono che era lei a fare scomparire tutti, uccidendoli.
La guida capì che i ragazzi lo avevano scoperto e lentamente avanzò verso di loro, mettendo una mano in tasca per prendere un coltello, i ragazzi arretravano ma arrivati al muro, la guida li sgozzò e poi si suicidò anche lei, facendo così rimanere Larderello per sempre abbandonato...!
Chi l’ha visto?
(Vittoria Evangelisti)
Un normalissimo giorno, il 24 aprile 2018, dovevamo recarci a Larderello. Tutto normale, tutte le classi terze si sono ritrovate alla pensilina dove c'erano due pullman bianchi ad aspettarci. Verso le nove siamo partiti e dopo circa un'oretta e mezzo siamo arrivati nella cosiddetta "Valle del Diavolo"; e già il nome non è molto rassicurante se lo senti per la prima volta!
Abbiamo visitato il museo e nessun problema, poi in una stanza ci stava attendendo il signor Giorgio Simoni, ormai conosciuto da tutti noi.
Abbiamo parlato con lui facendogli svariate domande, ma ad un certo punto sentiamo il rumore di una scossa. Tutti cercano di nascondersi sotto le sedie; Simoni ed i prof sotto la grande cattedra.
Mai sentita una scossa così lunga, è durata circa mezzo minuto. Quando è finita ci siamo alzati e siamo usciti velocemente dalla porta a nostra disposizione. Come tutte le prove d'evacuazione che si fanno a scuola, abbiamo fatto l'appello, ma c'è un "ma": manca una persona, un ragazzo: José. Alcune persone, conoscendolo, hanno commentato ironicamente: "Strano, vero?". Qualcuno ha proposto di dividerci, ma non potevamo perché altrimenti non avremmo saputo come ritrovarci. "Invece sì: ci sono tre prof e quindi possiamo fare tre gruppi" ha replicato uno di noi. "Ma le altre classi?" "Mandiamo loro un messaggio per avvisarli" hanno detto altri. Abbiamo discusso un po' e alla fine abbiamo deciso di fare così. Fatti i tre gruppi e ci siamo divisi. Ci abbiamo messo quasi due ore per cercarlo, può sembrare strano, ma è così. "L"importante è che l'abbiamo trovato, no?" disse il professor Lognoli, tutto sudato dalla lunga fatica.
Siamo tornati rassicurati dall'aver ritrovato il disperso, non c'era più niente di cui preoccuparsi. Ma … ebbene sì, c'è un altro "ma". Un ragazzo ha chiesto: "Ma il signor Simoni!?" “Hai ragione!” rispose un altro “Non l'abbiamo più visto dopo aver ritrovato José!”. I ragazzi pensarono un po’ a cosa potevano fare, ma capirono che non c’erano grandi soluzioni.
Qualche giorno dopo, una notizia apparve su tutti i telegiornali: "Scomparso Giorgio Simoni, autore del famoso libro "Finirai all'inferno", ma ancora oggi, a diversi mesi dopo l’accaduto, nessuna traccia di lui…
Vittoria Evangelisti
Ultim’ora
(Riccardo Pietro Costanza)
Siamo a Larderello, in provincia di Pisa. Un imprenditore di una ditta di falegnameria è scomparso e noi ci siamo recati sul posto per fare qualche domanda agli abitanti del luogo. Il capo della ditta per cui lavorava ci ha detto che era una persona onesta e gentile. Altre persone hanno confermato il carattere generoso e altruista dell’uomo, ma un attimo, abbiamo appena visto l'autore del libro Finirai all'inferno, Giorgio Simoni, il quale è impegnato a rispondere alle domande di una classe. Ci sembra di capire che si tratti della classe 3a D delle medie di Greve in Chianti.
Ci catapultiamo ad intervistare la professoressa Nencetti, ma ci risponde che non sa assolutamente nulla di questa storia. Le facciamo una domanda sui ragazzi e ci informiamo: sono tutti presenti? Lei risponde che manca un alunno di nome Riccardo Costanza. Ahi ahi ahi! Non ci sono dubbi: è lui il maggior sospettato per la scomparsa dell’imprenditore. Bando agli indugi! È ovvio che adesso, con la nostra squadra, dobbiamo dirigerci a Greve alla ricerca del sospetto. Non temete, cari spettatori, ci collegheremo una volta giunti in paese per i prossimi sviluppi. Da Larderello è tutto, linea allo studio!
Riccardo Pietro Costanza
Caccia al professore
(Spartaco Randelli)
Eh già! Eravamo lì. Eravamo a percorrere i luoghi della vicenda che abbiamo letto nel libro “Finirai all'inferno”. L'uccisione del Flaschi si era svolta proprio sotto i nostri piedi, lì era stato buttato in una delle putizze del sito della geotermia di Larderello. Era un'emozione forte vedere i luoghi del libro, pareva quasi di essere gli investigatori o dei passanti che vengono descritti. Tutto questo però durò poco perché ad un certo punto ci rendemmo conto della scomparsa del prof. Lognoli. Difficile non notare che fosse sparito, I professori rimanenti, ovvero la prof.ssa Nencetti, la prof.ssa Chiappetta e il prof. Favuzza, ci dissero di mantenere la calma e di stare tranquilli, ché il prof. Lognoli non poteva essere stato rapito, ma che probabilmente era scappato da solo e verso dove non potevamo saperlo. La nostra, più che un'indagine, era una “caccia al professore”. Mi accorsi che una sua scarpa rossa era sul ciglio della strada che portava a Monte Cerboli. Riferii tutto ai professori i quali dissero che dovevamo andare proprio lì per fare un giro tra le biancane. Col pullman ci dirigemmo là ma ad un certo punto l'autista frenò di colpo, scese dal e tornò su con gli abiti del prof. Era tutto molto strano!
Arrivammo all'incrocio per andare a Monte Cerboli quando sulla sinistra notai una trattoria con un tavolo colmo di piatti vuoti. Intravidi poi una sagoma che riuscì a mettere a fuoco: era il prof. Lognoli, seduto a quel tavolo! Urlai ai professori di fermarsi e di guardare in quella direzione, i professori riconobbero Lognoli, gli chiesero come mai fosse lì e la sua risposta fu: “Non avevo preso il pranzo, così avevo fame, molta fame!”.
Avevamo trovato il professore, la gita proseguì e al rientro recuperammo il prof. che a quel punto era soddisfatto dell’accoglienza di Larderello, molto soddisfatto!
Spartaco Randelli
Stay tuned
(Enrik Allushaj)
Ore 8.00. Stiamo partendo per Larderello, davanti a noi ci sono due ore di viaggio. Sarà una gita tra sorrisi e risate, ma un momento! Mi si è appena scaricato il telefono. Proprio non ci voleva!
Ore 10.00. L'autobus si ferma. Siamo arrivati al Museo della geotermia dove la guida ci spiega come funziona la centrale e quali principi utilizza. “Tutti gli zaini negli armadietti!”. Penso: “Magari il mio cellulare recupera un po’ di carica”.
Ore 12.30. Siamo di nuovo in autobus e ci stiamo dirigendo verso un soffione dimostrativo, che si rivelerà molto rumoroso e pericoloso. Nessun cenno di accensione.
Ore 12.50. Stiamo andando verso la valle delle biancane. Il viaggio è breve, ma intenso. Stiamo mangiando e ci divertiamo, ma siamo anche tristi perché il nostro telefono è scarico e non possiamo mettere la musica.
Ore 14.15. Stiamo partendo con la nostra guida verso il giro predisposto nel parco naturale, ma ad un certo punto si verifica una frana davanti a noi quindi dobbiamo deviare il percorso. Senza farmi vedere dai prof., prendo in mano il telefono per controllare se ha un po’ di carica. Quando stiamo per raggiungerne la fine della passeggiata, due ragazzi si distraggono, inciampano su loro stessi e stanno per cadere nel dirupo … ma per fortuna io sono lì vicino a loro, lancio il telefono che finisce al posto loro nel baratro, mi aggrappo ai loro zaini e li porto in salvo sul ciglio del burrone.
Ore 15.30 Siamo in pullman per il viaggio di ritorno. Per l’intera sua durata non sento la mancanza del mio telefono perché ho tutti i ragazzi attorno a me che mi chiedono di raccontare ancora una volta come ho portato a termine il salvataggio dei miei compagni.
Enrik Allushaj
Gita a Larderello … dal mio punto di vista
(Alessandro Mazzi)
Non ero troppo in ansia come lo sarò per Monaco, ma comunque ero contento di andare in gita con la mia e le altre classi della scuola, soprattutto perché ci saremmo stati tutto il giorno e, visti i professori che ci accompagnavano, sapevo già che mi sarei divertito.
Erano in quattro: il professore Lognoli, fra tutti il più intelligente e schematico, ma anche il più mangione e pigro; il professore Favuzza, caratterizzato da uno strano accento e fra tutti il più simpatico; la professoressa Nencetti, la meno severa e l'unica piuttosto “normale” e la professoressa Chiappetta la più goliardica anche se a volte un po’ brontolona.
La meta era Monte Rotondi e le fumarole di Larderello. Nel viaggio di andata, che durò qualche ora, non accadde nulla di troppo strano.
Appena arrivati, i professori ci spiegarono brevemente il luogo e il programma della giornata, in particolare il professore Lognoli sottolineò la colazione, il pranzo e la merenda.
In seguito alla visita guidata del Museo geotermico di Larderello e dell'ascolto di un vero soffione, siamo saliti in pullman e siamo andati a pranzare su dei tavolini all'ingresso del parco naturale di Monte Rotondi dove sono iniziate le “stranezze”.
Lognoli aveva mangiato solo una scodella, che presumo fosse stata piena di pasta. “Si sarà messo a dieta?” questa era la domanda che rimbalzava nella mia mente. Più tardi ebbi la risposta; durante la camminata nel parco geotermico di Monte Rotondi il professore, misteriosamente, sparì e tutti, studenti e insegnanti, si preoccuparono moltissimo. Fortunatamente il timore finì presto perché dopo circa cinque minuti il professore tornò tranquillamente con un piatto pieno di salsicce, leggermente sporche di terra, che aveva arrostito sulle fumarole. Sfatato il mito della dieta di Lognoli, si risalì sul pullman e così si concluse questa insolita gita scolastica.
ALESSANDRO MAZZI
La stampella
(Caterina Perilli - Chiara Zotta)
Il 24 aprile alle 7.30 in piazza Trento, ci aspettava il pullman per andare a Larderello.
Dopo due ore e mezza circa di pullman siamo arrivati; come prima tappa siamo andati al museo, dove ci aspettava la guida che ci ha raccontato la storia di Larderello e come si svolgono le attività al suo interno.
Poi abbiamo ripreso il pullman per andare a vedere un soffione dimostrativo che doveva farci capire quanta pressione c'è sotto di noi, infatti siamo rimasti ad una certa distanza da esso.
Successivamente ci siamo fermati a pranzare. Verso le due siamo partiti per una lunga passeggiata sulle Biancane, insieme ad un'altra guida. Visto il programma di scienze, noi eravamo già a conoscenza dei soffioni boraciferi, ovvero le emanazioni di vapore acqueo che fuoriescono dal terreno. La guida ci fece avvicinare di più ai soffioni boraciferi: c'era una gran puzza di uovo marcio! Questo odore sgradevole era causato dallo zolfo presente nei soffioni.
Alla fine della passeggiata, mentre tornavamo al pullman, il professor Lognoli è inciampato sulla stampella di Bernardo e siamo tutti caduti l’uno sull’altro come dei birilli, finendo sopra i soffioni.
La giornata si concluse così per noi tutti, felici, ma un po’ abbruciacchiati per colpa della maledetta stampella di Bernardo.